Novembre 21, 2024
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Il decreto sulla valorizzazione del personale docente, che attua la riforma del PNRR, reclutamento e formazione degli insegnanti, ha come principali obiettivi la continuità didattica, considerando anche gli anni di insegnamento in una stessa scuola, e una maggiore attenzione a chi lavora nelle scuole dei territori più disagiati. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha firmato il documento proprio a fine settembre, a pochi giorni dallo scadere della legislatura.

Così 30 milioni di euro all’anno saranno dedicati agli incentivi per gli insegnanti che lavorano in una provincia diversa da quella della propria abitazione, tenendo conto anche del numero di anni nella medesima scuola, o in un territorio caratterizzato da condizioni socio-economiche più disagiate, maggiore dispersione o rischio spopolamento.

La maggior parte delle risorse andranno ai docenti senza mobilità, assegnazione provvisoria o utilizzazione, nonché incarichi a tempo determinato. La continuità verrà riconosciuta se, durante un anno scolastico, il servizio è effettivamente prestato per almeno 180 giorni. 120 di questi devono essere dedicati alle attività didattiche.

A leggere tra le righe, viene dunque abbastanza facile ritenere che il prossimo CCNL (firmato dal nuovo Esecutivo) riabiliti per tutti i docenti gli istituti della mobilità (territoriale e professionale), delle assegnazioni provvisorie e degli utilizzi, che negli anni scorsi, a causa della legge 159/19 erano stati oggetto di forti riduzioni.

FeNSIR-SADOC, ritiene questa misura incoerente con le richieste del personale insegnante, a maggior ragione a fronte di scelte di assegnazione in ruolo legate ad un algoritmo informatico e non ad una scelta precisa. Finché saranno fatte immissioni in ruolo su base regionale sarà ben difficile garantire una continuità didattica, dal momento che gli stanziamenti proposti avvengono ex post e non ex ante. Ci chiediamo se sia chiaro ai vertici di Viale Trastevere che gli stipendi sono inadeguati, a maggior ragione nella gestione di cattedre assegnate lontano dalla residenza.

Come si può chiedere agli insegnanti, già vessati dall’accelerazione inflazionistica, di affrontare un affitto doppio o di triplicare le spese di viaggio?

Ci auguriamo che il prossimo Governo (e il MIUR in primis) possano chiudere un contratto che attende da anni di vedere la luce e che dovrà farsi carico di affrontare i numerosi aspetti che nel tempo hanno finito per sminuire la professione.

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